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Unicorni: perché Depop e gli altri non sono storie italiane ma (per ora) va bene così
Kong, Sysdig e Thumbtack hanno avuto successo in Silicon Valley. Depop ha sede in UK. Eppure sono tutti unicorni (startup valutate oltre 1 miliardo di dollari) con “sangue” italiano. Avrebbero potuto crescere da noi? Per ora no. Ma l’importante è creare le condizioni perché in futuro succeda
di Alberto Onetti
L’Italia è “land of many wonders” ma non è (ancora) la patria degli Unicorni. Così il mio partner in crime Marco Marinucci inizia il suo articolo pubblicato la settimana scorsa su The Online Almanac of the History of the Italians of California dove prova a spiegare il fenomeno delle startup di sangue italiano (Kong, Sysdig e Thumbtack) che si sono quest’anno trasformate in unicorni in Silicon Valley.
Alle storie di cui sopra possiamo anche aggiungere Depop (la app di compravendita di vestiti usati) che a giugno è stata comprata da Etsy (il sito di e-commerce di oggetti fatti a mano e vintage) per 1,6 miliardi di dollari.
Spoiler alert. Non sono startup italiane. Non cerchiamo di metterci sopra il cappello.
Disclaimer. Siamo (con Mind the Seed) tra i fortunati early investor di Sysdig mentre non siamo stati smart enough a investire in Kong.
Cosa hanno in comune?
Le quattro storie hanno alcuni tratti comuni.
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Sangue Italiano ma crescita (e funding) all’estero
Kong è stata fondata da un trio di Italiani (due milanesi e un romano) che si sono trasferiti a San Francisco con un one way ticket nel 2009. A febbraio ha raccolto 100 milioni di dollari a una valutazione di 1,4 miliardi. Sysdig (fondata da Loris Degioanni nel 2013) lo scorso aprile ha ricevuto investimenti per 380 milioni a una valutazione di 1,2 miliardi (sempre dollari, sotto il link a una Mind the Chat con Loris). Thumbtack, invece, fondata nel 2008 da Marco Zappacosta (nato e cresciuto in Silicon Valley il cui padre Pierluigi è tra i fondatori di Logitech company), ha raccolto a giugno 275 milioni con una valutazione di 3,2 miliardi. Depop è stata infine fondata nel 2011 da Simon Beckerman che, nonostante il nome inglese, è nato e cresciuto in Italia. Dopo la fondazione nel 2011 nell’incubatore di startup H-Farm di Roncade, la società si è trasferita a Londra. Come detto, la trasformazione in unicorno è avvenuta all’atto della exit. Mentre le prime tre sono state concepite, fondate e cresciute fuori dall’Italia, Depop è tecnicamente una dual company (per chi volesse approfondire il concetto qui un report di Mind the Bridge sul tema). Fondata in Italia, ha scalato (e raccolto capitali) fuori. Il modello è quello avviato da Funambol e Decisyon. Il fattore discriminante è che tutte hanno trovato le condizioni (e i finanziamenti) in un ecosistema diverso dall’Italia.
Pivoting
Kong e Sysdig sono aziende B2B fondate sulla cloud infrastructure. Entrambe hanno fatto pivoting durante la loro vita (Kong aveva iniziato come Mashape, un marketplace di APIs, per poi totalmente cambiare il proprio business model, mentre Sysdig era inizialmente nata come Draios e non contemplava containers e cyber security nella propria offerta). Thumbtack e Depop sono invece dei marketplace. La capacità di evolvere è segno di un ecosistema capace di guidare la crescita delle proprie imprese.
Superstar Entrepreneurs
Altro tratto comune degli unicorni è quello di avere alle spalle “superstar entrepreneurs”, con un mix di visione, competenze tecniche e (grande) resilienza. La prova ineluttabile è che sono state finanziate da top Sand Hill VCs (Accel e Bain Capital nel caso di Sysdig, Index e Andreessen Horowitz nel caso di Kong, Sequia per Thumbtack) o primari fondi internazionali (Balderton, Creandum e Octopus Ventures per Depop).
Segno che il talento italiano, se propriamente innescato e supportato, ha il cielo come limite.
Morale
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Diventare unicorni non è il fine, ma una tappa (molto prestigiosa) di un percorso imprenditoriale di successo. Per loro il meglio è ancora davanti: sebbene abbiano già centinaia di dipendenti, possono crescere di più (nell’ordine delle migliaia o forse anche delle decine di migliaia) e, attraverso una IPO, diventare big tech. Quindi diventare motori di una nuova crescita industriale.
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Tuttavia, l’impatto può andare oltre. Il loro percorso, oltre a creare tra i dipendenti – molti di questi italiani – una generazione di potenziali nuovi imprenditori, può ispirare altre startup.
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Post exit, i fondatori (e parte dei dipendenti) potranno diventare a loro volta investitori. E gli studi sui “diaspora entrepreneurs” mostrano che tendono a investire anche nei paesi di origine. Quindi un potenziale beneficio anche per il nostro ecosistema.
Avrebbero potuto crescere in Italia?
La risposta onesta è no. Almeno non fino ad ora e non per il prossimo immediato futuro.
Ma questo non conta. Conta creare le condizioni perché in un futuro non troppo lontano qualcuno possa farlo.
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Le origine: https://www.economyup.it/giornalista/alberto-onetti/
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Chairman (di Mind the Bridge), Professore (di Entrepreneurship all’Università dell’Insubria) e imprenditore seriale (Funambol la mia ultima avventura). Geneticamente curioso e affascinato dalle cose complicate.